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lunedì 15 febbraio 2016

Sindaci tecnici per le grandi città: stesso film del dopo Tangentopoli degli anni ’90





E’ evidente a tutti lo stato di crisi di idee, di consensi e soprattutto di personale politico spendibile in cui versano i partiti della seconda Repubblica
Ci risiamo: una pletora di tecnici prestati alla politica candidati alla guida delle più grandi e importanti città italiane.  Si ritorna decisamente al passato e cioè al dopo “Tangentopoli” di oltre 20 anni fa e all’introduzione della legge per l’elezione diretta del sindaco, quando i partiti superstisti dalle macerie di “Mani pulite” e quelli nuovi partoriti della cosidetta “Seconda Repubblica” si affannavano alla ricerca di magistrati, uomini di legge e imprenditori di successo per far loro indossare la fascia tricolore di rappresentanza e lasciare dietro le quinte alla nomenklatura elettoralmente impresentabile il tavolo di gioco e i cordoni della cassa. Si pensi alla stagione di sindaco di Genova del magistrato Adriano Sansa e il “signore” del caffè Riccardo Illy a Trieste.  Due esempi per tutti liquidati poi in tutta fretta perchè completamente avulsi e “marziani” delle regole della politica che non si piegavano ai rituali del sottogoverno e delle decisioni assunte in cabina di regia dalle segreterie dei partiti. E  da quelle “infelici” esperienze però partì la stagione dei sindaci ovvero nomi di rilievo nazionale che andarono a guidare le loro città che sino allora li avevano proiettati in parlamento: Antonio Bassolino a Napoli, Francesco Rutelli a Roma, Adriana Poli Bortone a Lecce, Enzo Bianco a Catania e Leoluca Orlando a Palermo (questi ultimi due dopo un ventennio ancora in carica nelle rispettive città, ndr). Una stagione decisamente proficua per coloro i quali accettavano di scendere “in serie B” in fascia tricolore rispetto all’Olimpo di Montecitorio e Palazzo Madama, se si considera che a cavallo tra fine secolo e inizio Terzo millennio quasi tutti poi si sono alternati negli importanti dicasteri dei vari governi come vicepresidenti del Consiglio, Ministri dell’Interno, del Lavoro dei Beni Culturali e delle Politiche agricole. Tutta questa ricostruzione storica l’abbiamo fatta per arrivare all’emergenza odierna della politica nelle grandi città. A Milano centro-sinistra e centro-destra si debbono affidare infatti ai tecnici già “City Manager” dei sindaci Letizia Moratti (Beppe Sala) e Gabriele Albertini (Stefano Parisi), mentre a Roma prende il volo per il centro-destra il nome di Guido Bertolaso, per sostituire nella città della Madonnina il sindaco arancione Giuliano Pisapia e nella capitale lo scranno del defenestrato Ignazio Marino. E’ evidente a tutti lo stato di crisi di idee, di consensi e soprattutto di personale politico spendibile in cui versano i partiti della seconda Repubblica, nonostante in questi anni molti politici di primo piano abbiamo tentato di giocare la carta del riciclo come sindaci di grandi città, per tutti l’esempio di Piero Fassino, primo cittadino di Torino e presidente dell’Associazione nazionale dei comuni italiani (Anci). Si ritorna dunque al passato, come si diceva in apertura, ma questa volta al posto di magistrati e imprenditori, si cerca la figura intermedia del tecnico della politica (chiamarli burocrati è troppo offensivo) in attesa che la politica compia la sua catarsi, che agli italiani passi l'”incazzatura” elettorale per tornare “come prima e più di prima” ai vecchi vizi della tradizione italiana: “fuori i secondi che il titolo mondiale è un incontro riservato ai pesi massimi, i professionisti della nobile arte”.


FONTE  PENSALIBERO

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