Al di là delle dichiarazioni di facciata, il leader sta cercando di risolvere la partita prima che i giochi siano fatti. Dubbi sulle candidature
di Maria Teresa Meli
Finora c’è un’unica certezza. Anzi, per essere più esatti, di certezze ce ne sono due. Il candidato del Partito democratico a sindaco di Milano non sarà Pierfrancesco Majorino. E non sarà nemmeno il suo «competitor» Emanuele Fiano. Almeno per quel che riguarda Matteo Renzi, il cui parere, per ovvie quanto banali ragioni, conta non poco nella scelta che il Pd sarà tra breve chiamato a fare. Ufficialmente, il premier non si occupa delle amministrative del prossimo anno. Renzi, infatti, non vuole legare le sorti del governo a una tornata elettorale dall’esito quanto mai incerto. Perciò fa mostra di tenersi lontano da questa contesa. Ma in realtà sa bene che difficilmente potrà addebitare ad altri un’eventuale sconfitta del suo partito a Milano. Il che può suonare paradossale, visto che la vittoria di Giuliano Pisapia fu il frutto di una batosta subita dal Pd versione Bersani alle primarie del centrosinistra.
Quando sarà il momento, però, nessuno farà questi distinguo, nessuno ricorderà che il Partito democratico puntava le sue carte su un altro candidato. Tutti, invece, sottolineeranno che per la seconda volta nel giro di un anno Renzi ha perso una sfida elettorale. Ed è per questo motivo che il premier, al di là delle dichiarazioni di facciata, sta cercando di risolvere la partita di Palazzo Marino prima che i giochi a Milano siano fatti. Per farla breve, anzi brevissima, fosse per Renzi le primarie non si farebbero. Già, perché il premier è convinto, al di là delle doti dei due competitori (li stima entrambi), che per diverse ragioni né Majorino né Fiano possano vincere le elezioni. Mosso anche da questa convinzione, il presidente del Consiglio, che l’anno scorso aveva declinato l’invito al Meeting di Rimini e snobbato platealmente l’appuntamento di Cernobbio, questa volta si sta comportando in maniera assai diversa.
Quando sarà il momento, però, nessuno farà questi distinguo, nessuno ricorderà che il Partito democratico puntava le sue carte su un altro candidato. Tutti, invece, sottolineeranno che per la seconda volta nel giro di un anno Renzi ha perso una sfida elettorale. Ed è per questo motivo che il premier, al di là delle dichiarazioni di facciata, sta cercando di risolvere la partita di Palazzo Marino prima che i giochi a Milano siano fatti. Per farla breve, anzi brevissima, fosse per Renzi le primarie non si farebbero. Già, perché il premier è convinto, al di là delle doti dei due competitori (li stima entrambi), che per diverse ragioni né Majorino né Fiano possano vincere le elezioni. Mosso anche da questa convinzione, il presidente del Consiglio, che l’anno scorso aveva declinato l’invito al Meeting di Rimini e snobbato platealmente l’appuntamento di Cernobbio, questa volta si sta comportando in maniera assai diversa.
Sono appuntamenti, questi, che servono per annusare che aria tira al Nord e per allacciare rapporti con dei mondi che a Milano contano. Il premier ritiene che per palazzo Marino «il nome del candidato vero» ( e quel «vero» la dice lunga su quello che pensa della situazione attuale) sarà fondamentale per vincere. Insomma, Renzi sa che questa volta non potrà consentirsi il lusso di fare come nella scorsa tornata elettorale, quando arrivò a cose fatte, cioè a candidature già stabilite, senza contrastare i potentati locali. Perché è a Milano, che lui lo voglia o meno, che si dimostrerà se il 40,8 per cento delle europee è stato solo un fuoco di paglia o, se invece, ha segnato l’avvio di una stagione vincente per il centrosinistra.
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